Piccapietra, come la conosciamo noi oggi, è ben differente da ciò che era una volta!
Ora è cemento, uffici e modernità. Un luogo “chiuso”, apparentemente formato solo da uffici e valigette 24h. Si presenta come una grossa piazza, inanimata e dalle dubbie strutture grigie e qualche vetrata. Dal punto di vista “umano”, al confronto con i tempi antichi, anche questo quartiere è… Morto.
Ancora una volta, mostrandovi ciò che era prima, rimarrete affascinati e delusi al tempo stesso. Un po’ come abbiamo fatto nel confronto tra i GIARDINI DI PLASTICA e VIA MADRE DI DIO.
In origine il quartiere di Portoria era costruito sul Colle Piccapria, che pullulava di vita, schiamazzi e botteghe… Un po’ la degna “sorella” di Via Madre di Dio, (anch’essa distrutta dal “Piccun”), ma di questo parleremo dopo.
Il nome? Derivava da chi vi abitava in principio. Principalmente fu zona di scalpellini, scultori, setaioli, fabbri e marmisti. Poco distanti avevano le loro officine ed infatti, dietro il Teatro Carlo Felice, vi è tutt’ora uno spiazzo: “Largo delle Fucine“. Non è una combinazione!
Piccapietra, era un quartiere popolare, dove sin dal 1100 potevamo trovare Porta Aurea (derivata dal cognome d’Oria) che dava accesso alla Zena antica.
I vegetti d’un tempo raccontavano che questo era il quartiere dove veniva conservato il Genovese più puro, quello più autentico e immutato nei secoli.
“Ti parli o zeneise de Portoia!” era quasi divenuto un modo di dire per indicare quando qualcuno parlava in genovese davvero bene e fluente.
Durante i secoli la zona si è lentamente, ma inesorabilmente, modernizzata. Prima toccò alla grande centrale dei telefoni, fino ad arrivare al 1958 quando il colle fu completamente spianato (Che strano, lo stesso destino di Piazza De Ferrari e il Colle Sant’ Andrea!)
Questo venne fatto in ottica di ri-pianificazione urbana: collegare via XX Settembre a piazza Corvetto attraverso la nuova Via XII Ottobre.
Darvi l’idea di come doveva esser la zona, è impresa ardua. La mutazione è talmente radicale che viene difficile anche per chi vide la zona, orientarsi oggi per cercar di ricostruire l’ubicazione degli edifici precedenti. Possiamo però farci un’idea grazie alla planimetria del piano regolatore della zona.
Curiosità: “Largo delle Fucine”, dietro il Carlo Felice, porta attraverso Via Ceba, ad ulteriore Largo, detto di “San Giuseppe”. Un tempo, attorno al 1500, i due slarghi erano divisi da una zona di fitta vegetazione con una piccola stradina chiamata “antiga Creusa do Diao” dove si narra di apparizioni diaboliche e rumori di catene… La leggenda pare fu sfatata dopo anni, smascherando un soggetto che stava nascosto di notte agghindato di oggetti metallici, che si divertiva a spaventare le persone che passavano di li…
Scrivi un commento