Piazza Campetto, in tempi antichi, era un piccolo campo coltivato (da qui il nome attuale, mai cambiato!).
Col tempo, visto la sua centralità, divenne un luogo d’incontro (“Campus Fabrorum”) di artigiani e fabbri. Zona comoda, pratica e funzionale. Il passo da semplice “campetto” a circolo di edifici e fucine è stato breve.
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Piazza Campetto, il palazzo del Melograno e la sua profezia
Il palazzo di cui, in questo articolo, parleremo è il civico numero 2 , per anni luogo di shopping genovese (dal 1937 fino a pochi anni fa punto vendita della catena Upim).
La facciata si mostra a noi con un portale in marmo e colonne doriche, eretto dai De Mari (altri invece sostengono da Ottavio Imperiale) e costruito dall’architetto Bartolomeo Bianco tra il 1586 e il 1589.
La “curiosità”, l’unicum, di questo palazzo è che già nel Seicento era più noto come Palazzo del Melograno (anche ai giorni nostri, quasi sicuramente, è più conosciuto con questo nome!).
E proprio a questa sua caratteristica è legata una profezia. Pesante, importante, ma da pochi conosciuta.
Circa quattrocento anni fa, un seme di melograno si posò tra il balcone del primo piano e il portone d’ingresso. Lì, in modo quasi inspiegabile, trovò un habitat favorevole e nel passare degli anni crebbe a tal punto da diventare un albero.
Ora siamo nel 2021 e quel melograno fiorisce ancora, dopo i secoli, dopo i bombardamenti ed inverni rigidi. Perché? Perché per ora la profezia non è ancora stata spezzata!
Si tratta di una profezia non scritta, solo raccontata dai vegetti… se poi volete, tramandatela anche voi, maniman a segge vea!
Finché quell’albero di melograno vivrà,
la città di Genova prospererà,
quando cesserà la sua vita,
la Superba sarà finita.
D’ora in poi, quando passerete di lì, buttateci un euggio e assicuratevi che o meigranâ non sia trascurato. Se così fosse, bussate al portone e rimproverate chi vi troverete. Dite pure che vi manda il Mugugno Genovese.
Per dover di cronaca esistono diverse “varianti” sulla comparsa del Melograno:
La leggenda racconta che Ottavio Imperiale, suo proprietario, fosse un accanito giocatore di biribisso. Il nobile giocava però con le immagini invece che con i numeri. Durante una serata sfortunata puntò i suoi ultimi averi sull’immagine del melograno, riuscendo a riconquistare tutto ciò che aveva perso.
Da quel momento il nobile adottò il melograno tra i suoi simboli portafortuna, volendolo ovunque. La nascita dell’albero sul frontone del portone potrebbe dunque non essere casuale.
Si chiama semplicemente CAMPETTO, non ha l’appellativo “piazza”!