La tragedia di S. Benigno
10 Ottobre 1944, è un martedì con forte temporale e scariche di fulmini costanti. Un ottima cornice per Genova che, da settimane, è sottoposta ad un bombardamento incessante delle forze alleate.
Sono le 06.45 quando, stando ai principali racconti tramandati, un forte boato fa “tremare i vetri delle finestre di tutta la città”. In molti associano questo colpo fragoroso ad un fulmine caduto in città. Purtroppo si sbagliano. È appena avvenuta una delle principali stragi che colpì Genova durante la seconda guerra mondiale.
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Per anni ci si è chiesto quali furono le cause. Una disgrazia? Una strage premeditata? E, in tal caso, chi fu l’artefice?
L’esplosione di un deposito di munizioni dei tedeschi fece saltare in aria la galleria Assereto e la galleria S. Benigno oltre a provocare il collasso dei palazzi vicini che crollarono con dentro i loro abitanti.
A cosa fungevano queste due gallerie? Genova, per sopravvivere durante il periodo dei bombardamenti, aveva costruito gallerie antiaeree in molte zone della città, nelle quali gli Zeneixi si rifugiavano (o vivevano da mesi). La Galleria di San Benigno era una di questa e poteva contenere un elevato numero di persone (superiore al migliaio).
La zona, oggi irriconoscibile rispetto ad allora (foto qui sopra), nei pressi di via Milano e del Matitone, fu avvolta da una nube di polvere per giorni. Ci furono solo 148 sopravvissuti tra le migliaia di persone coinvolte. L’esplosione, il crollo, la polvere, la difficoltà dei soccorritori nel liberare la galleria, tutto divenne una “trappola”perfetta per quella che fu una strage, purtroppo, dimenticata dai più.
Perché dimenticata? Il periodo drammatico in corso e lo shock costante in cui la gente viveva, fece cadere nel grigio limbo degli orrori della guerra anche questo fatto, frastornati dall’immane tragedia della Guerra stessa. Nessuno sa con certezza quante furono le vittime, si stimano fra le 1000 e le 2000 anime scomparse.
Anche i giornali, il giorno seguente, dedicarono ben poche righe all’avvenimento. Forse per non gravare ulteriormente sul distrutto animo degli Italiani? O per rispetto nei confronti di una città ormai inerme e sofferente sotto i continui bombardamenti alleati? Difficile capire, ai giorni d’oggi, come possa esser passato in secondo piano un avvenimento di tal portata, a tal punto che molti Genovesi d’oggi non conoscano nemmeno l’accaduto.
La relazione della Guardia Nazionale Repubblicana riportata nel libro di Raffaele Francesca “San Benigno: silenzi, misteri e verità su una strage dimenticata” recita testualmente: “Il temporale scatenatosi nella notte tra il 9 e 10 ottobre raggiungeva la massima intensità all’alba e alle 6.45, un fulmine incendiava alcune condutture elettriche provocando lo scoppio delle mine poste nella galleria e di una grande quantità di munizioni ivi depositate. […] La scossa tellurica, provocata dall’esplosione, sconvolgeva il terreno sovrastante la galleria saltata in aria, distruggendo completamente un agglomerato di case di abitazione, ove dimoravano una settantina di famiglie, tutte perite nell’immane sciagura. Un numero imprecisato di militari della G.N.R., della Marina, dell’Esercito, della Croce Rossa e dei camerati germanici, in servizio nella vicina zona portuale o nelle gallerie stesse, è stato travolto sul posto del dovere. […] Non è stato ancora possibile accertare il numero dei morti che purtroppo è molto elevato.”
Alcuni che conoscono questa storia potranno dire “non fu il fulmine, ma un bandito“, poiché alcuni mesi dopo il “Mercantile” scrisse che nelle tasche di un “bandito” catturato veniva trovata una copia de “Il ribelle” (giornale clandestino della resistenza) in cui si rivendicava l’attentato da parte dei partigiani che avrebbero, loro, fatto esplodere le gallerie.
La notizia venne poi smentita dai comandi partigiani e dal generale stesso Guenther Meinhold al comando delle forze tedesche a Genova archiviandola come tentativo di infangare la figura dei partigiani a neanche un mese dalla fine della guerra.
Ovviamente non mancano racconti che confermano anche la versione differente a “sfavore” dei partigiani e, a tal proposito, vi lascio linkato qui un’interessante articolo che ho trovato in rete:
«Nei volantini scomparsi la verità sull’inutile strage di San Benigno»
Ciò che oggi rimane a ricordo è solo una piccola lapide affissa al muro della caserma dei Vigili del Fuoco e qualche sbiadita fotografia presa il giorno dopo la tragedia.
Troppo poco.
Concordo con quanto postato da Salvo Marini
Loly Clarke
Sempre nel libro di Francesca che citate nell’articolo, oltre alla relazione della Guardia Nazionale Repubblicana, è stata anche pubblicata la copia della rivendicazione dell’azione partigiana apparsa su “Italia combatte” del 24 ottobre 1944. Nel documento, conservato presso L’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo, vi è scritto:
TRE GALLERIE DISTRUTTE NEL GENOVESE
I patrioti hanno fatto saltare a Genova, il 10 ottobre, nella galleria presso ‘La Lanterna’, un deposito che conteneva una ingente quantità di esplosivi destinati dai tedeschi alla distruzione delle fabbriche della zona al momento della ritirata. Lo scoppio ha provocato la distruzione delle gallerie a Calata Molo Nuovo e a Calata della Sanità. Danni si sono pure verificati in altre due gallerie più distanti. Tre piccole navi da guerra sono state affondate; alcune navi di scorta danneggiate. Circa 200 tedeschi sono rimasti uccisi. I lavori di riparazione nel porto sono ancora in corso.”
Personalmente ritengo che al di là delle polemiche e a prescindere dalla ricostruzione storica e dalle responsabilità, quelle vittime innocenti non sono ricordate con una cerimonia ufficiale come invece meriterebbero.
Non mi meraviglierei di un attacco partigiano, noncurante delle conseguenze come accadde in via Rasella che portò alle fosse Ardeatine, conseguenza prevedibilissima
Mio papà è uno dei 148 sopravvissuti…