LEGGI BENE TUTTO PER CAPIRE DI CHE SI TRATTA.
Lezione serale #52 Ciæbella “Perché t’impari un po’ di parole cosi quando vieni a trovarci sai come interpretare..” Rieccoci, dopo la Coppa del Genovese che ci ha tenuti impegnati parecchio, alle lezioni serali! Se ne volete ancora, lasciate un mippia su Facebook a questo post, così da farmelo capire!
La parola di stasera è abbastanza “rara” da udire negli ultimi tempi, ma molto adoperata con il suo scopo “metaforico”… Andiamo per punti, come sempre…
Definizione dal Dizionario Frisoni: Ciaæbella, s.f || aveì i êuggi che fan ____e, aver le traveggole.
Il simpatico animaletto, che spesso rende curioso-incantevole-spettrale qualche posto poco illuminato, in genovese ha un suono dolce e allegro. Il suo uso, per chi ne fosse ancora a conoscenza, è più “ironico”, passatemi il termine. Un esempio per chiarire? “Aveilo into cu, comme e ciæbelle!” Che, per chi bazzica un po’ la nostra lingua, non avrà problemi di traduzione. Per tutti gli altri invece: pensate alla caratteristica della lucciola. Fa luce. Ecco, da dove? Bene. Diciamo che questo moddo de dì, rende metaforicamente l’idea di “averlo in quel posto”, a tal punto che ti fa luce da solo! Detto in modo più delicato e pittoresco possibile. Ci sono comunque molti altri modi di dire. Per esempio “Avei i euggi che fan e ciæbelle” come già spiegato dalla definizione del dizionario, poco sopra.
Pronuncia: Scritto così, alcuni potrebbero chiedersi come si legga. Molto semplicemente “Ciaebelle” e non “cèbelle” come alcuni potrebbero pensare. Spesso in Genovese, Æ viene letto come si scrive (non sempre)
Curiosità: Rifacendosi al dizionario etimologico ligure del Prof. Toso, scopriamo come questa parola abbia origini molto antiche, addirittura databili al XIV. Proprio dalla composizione di ciæo (chiaro) e bello, per le caratteristiche della bestiola. Solo in pochi posti della liguria rimase il termine originale “scorlussoa“, ma già nel XVI nel Genovese, si era diffusa la versione che conosciamo ancora oggi.
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