Che facesse anguscia tutti i genovesi già lo sapevano, anche senza bisogno di questa notizia. Non è un caso che sugli scaffali sia sempre disponibile… ma che utilizzasse la terminologia “genovese” senza manco averne il diritto… beh questa roba, se verrà confermata ufficialmente, sancisce la fine di ogni possibile tolleranza da parte dei genovesi.
Il Pesto di Giovanni Rana, a quanto pare, è tutto fuorché Genovese.
Nella giornata di ieri 18 aprile sono stati sequestrati nel nostro porto oltre 7 tonnellate di pesto… irregolare!
Tonnellate di pesto, sequestrate a Zena, perché illegali? Fa già ridere così… ma proprio perché manca un dettaglio alla vicenda… a quanto pare: NON SONO DI GENOVA NE’, TANTO MENO, HANNO BASILICO GENOVESE.
A realizzare i 7.184 chili di NONpesto è stato lo stabilimento di Chicago aperto da Rana nel 2012. I vasetti sono made in Usa (Bartlett Ilinois), un sobborgo di Chicago, dove ha sede la Rana Meal Solutions.
Come dovrebbe funzionare la produzione di prodotti tipici?
“La legge italiana stabilisce che è vietato l’uso di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine nei marchi commerciali”.
Non è un caso che spesso si trovi nei supermercati un pesto (sempre dal colore discutibile) che non portano la dicitura “genovese”, ma solo “basilico”in generale.
E qui vi riporto un pezzetto della notizia (fonte qui) del servizio della Rai… Robba da matti figgeu.
I legali sottolineano come sia stata rispettata la catena del freddo durante il trasporto dagli States. Nel ricorso inoltre si spiega che le oltre 7 tonnellate di pesto erano destinate allo stabilimento di San Giovanni Lupatoto in provincia di Verona. Il cliente finale è Costco, colosso dell’hard discount che non è presente in Italia e commercializza il pesto con la marca Kirkland e il marchio Dop, scrivendo sull’etichetta “Basilico italiano al 100%” e “Basilico Genovese”.
Per ora, in attesa della sentenza del Tar, oltre 760 bidoni di pesto rimangono custoditi nel terminal Rebora del porto di Genova.
Nel dubbio vi ricordo che se volete assaggiare quello al 100% genovese e dove non c’è scritto sopra neanche “può contenere tracce di noci” (a buon intenditor…) lo trovate solo qui:
Secondo me con tutti questi sofismi legali, lessicali e sottili distinguo si fa solo il gioco di quanti, Rana U.S.A. compresa, sfruttano sulle confezioni i nomi italiani a volte ridicolmente storpiati, il tre colori della nostra bandiera e cose simili, per vendere i loro prodotti spacciandoli per italiani danneggiando così pesantemente i prodotti della nostra eccellente filiera agro-alimentare. Chi viaggia e bazzica i supermercati esteri come me nota, e come se le nota, tutte queste cose. Se non siamo noi italiani a difendere i nostri prodotti, la nostra agricoltura edil nostro lavoro state certi che i “foresti” non lo faranno di sicuro…… Benissimo ha fatto Gabriele Rastaldo a scrivere quello che ha scritto ed a evidenziare un notizia che a me per esempio era sfuggita.
Se la notizia è vendere per “pesto alla genovese” qualcosa che non lo è sono d’accordo con lei. Ma il problema è che – almeno stavolta – non è il caso: si vende del pesto di basilico (fine della denominazione del prodotto), dove il basilico è genovese DOP (al contrario di quanto scritto nell’articolo). Non fare la distinzione è fare disinformazione, per cercare di indignare esattamente come successo a lei.
Non sono contro la difesa dei prodotti italiani o più locali, ma solo contro la cattiva informazione.
comunque sia il pesto genovese è inserito nei P.A.T, riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali,
Anche il pesto alla trapanese è nei P.A.T. (unito però al tipo di pasta, i busiati: https://it.wikipedia.org/wiki/Pesto_alla_trapanese).
A quanto pare questo “pesto” è tutto un falso. Non ha basilico genovese, ha il Dop di chi e di che cosa? e poi la parola “pesto” è nostra – diziopnario genovese/italiano Casaccia Giovanni -. Quindi secondo me, questo prodotto lo possono vendere/mettere sul mercato come salsa verde al sapore di basilico (non di Genova).
Secondo Repubblica, anche il consorzio del basilico genovese DOP conferma che il basilico fosse proprio quello DOP.
https://genova.repubblica.it/cronaca/2023/04/17/news/pesto_made_in_chicago_in_porto_a_genova_sequestrate_7_tonnellate_della_giovanni_rana_per_il_mercato_europeo-396450968/
Per quanto riguarda la parola “pesto”, in italiano indica semplicemente qualcosa lavorato con mortaio e pestello, come un gran numero di preparazioni medicinali e gastronomiche – compresa la carne trita con gli altri ingredienti a formare la farcia di tortellini e agnolotti.
Se ci limitiamo al significato di salsa per la pasta, esiste almeno il già citato pesto alla trapanese. Forse influenzato nel nome dai contatti con i genovesi, ma rimane storia del XIII secolo: se la parola è genovese per tradizione, allora è anche trapanese per lo stesso motivo.
Giusto perché trovo sia bene mettere i puntini sulle i, in questo caso: il pesto non è definito “genovese”, ma si indica che lo è il basilico. Ed è il consorzio a tutela del marchio DOP del basilico a confermare la circostanza – tanto da approvare l’uso del logo DOP sulla confezione. Se aggiungiamo che il prodotto non era nemmeno destinato al mercato italiano (ovvero l’unico tutelabile da leggi italiane su denominazioni italiane, quale è la DOP) tutta l’indignazione dovrebbe dissolversi perché senza fondamenta.
Inoltre, per quanto ne so – e potrei sbagliarmi -, faccio notare che la dicitura “pesto genovese” non è tutelata da nessun bollino DOP o IGP. Esiste un consorzio che ne vuole tutelare il nome, ed ha creato un disciplinare, ma ad essere DOP è solo il basilico.
Se poi il problema invece è la parola “pesto”, e non l’unione dell’aggettivo “genovese” (che non è stato usato, ripeto), si crea un problema ulteriore, specie per altre realtà similmente affermate come il pesto trapanese, il pesto di pistacchi (con pistacchio di Bronte DOP)… o i Buio Pesto!