Ricevo, dal nipote, il post del nonno (belin che mesiâvo… tech!) e…
Onestamente non so definire la sensazione che mi da’ il pensare al confronto tra i due tipi di reclusione che hanno subito (e devon subire) ieri e oggi gli zueni del momento. Due paure differenti, in due periodi completamente diversi. Da un lato la paura della guerra, la sua violenza e l’improvvisa fine, dall’altra la paura di un nemico invisibile e di una (probabile) fine lenta e graduale…
25 APRILE 1945 (IN VERSIONE ORIGINALE)
Il più bel giorno della mia infanzia.
Abitavo in via Della Liberta alla Foce in casa dei miei zii con mia sorella Angela, quando al mattino sentimmo provenienti dalla strada rumori di macchine, gran vociare e canti. Chiesi a mio zio: “Barba cose succede?” (Zio cosa succede?) la risposta fu “Le finiu a Guera” (E’ finita la guerra), allora gli chiesi? “Possu anda’ a zuga’au ballun in strada cui figgieu?” (posso andare a giocare con i miei amici al pallono in strada?)
Mi rispose Si. “E nun devu ciu’mette e Arvette?” “NU’“. Le Arvette erano gli scuri in legno del negozio da Barbiere di mio zio e sostituivano le serrande di lamiera ondulata. Mettendole il negozio sembrava chiuso e permetteva a mio zio di terminare il servizio al cliente. Le Arvette si possono vedere alle mie spalle nella foto con la bicicletta.“E nun devu ciu’ purta’ a Lalla a refuggiase?” – “NU'” Non dovevo più portare la Zia, che soffriva di flebite alle gambe e camminava a fatica, nel rifugio in cemento armato distante 200 metri, vicino alla batteria anti aerea nell’attuale piazza Rossetti.
Questi erano i compiti che aveva un bambino di neppure 8 anni, oltre andare a fare la spesa, sostituendo mia Zia che camminava a fatica, fare quelle code interminabili per ricevere i 70 grammi di carne alla settimana, prendere l’acqua tutti in fila alla fontanella dell’acquedotto marino sorvegliati da un ragazzino (Balilla) con tanto di Moschetto con la baionetta innestata, per fare in casa quel po’ di pulviscolo di sale. La guerra ti faceva crescere alla svelta.
Un NONNO.
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